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“Con le mani in tasca” di Silvia Clemente. Quando la storia è così forte da diventare vita con leggerezza e poesia

Presentiamo “Con le mani di tasca”, libro scritto da Silvia Clemente, e lo facciamo prima con le parole dell’avv. Giuliano Maffei, Presidente della Fondazione Stella Maris, e poi con le parole dell’autrice che ci ha concesso una intervista.

“Ma che film la vita, tutta una tirata
Storia infinita a ritmo serrato
Da stare senza fiato
Ma che film la vita, tutta una sorpresa
Attore, spettatore tra gioia e dolore
Tra il buio ed il colore”
(Ma che film la vita – I Nomadi).

Frammenti di vita in appunti di memoria.

Nel mese di dicembre, pochi giorni prima di Natale, Silvia, un po’ imbarazzata e in riservatezza, quasi come scusarsi, mi donava il racconto di una storia vera:
“Con le mani in tasca“ .

C’era un po’ di imbarazzato timore nel dirmi di aver scritto un libro, ma questa potente semplicità era unita alla soddisfazione di averci provato e di esserci riuscita.
Per questo il dono diventava ancora più prezioso.

Si rendeva, quindi, necessario, verificare se “il cartaceo“ era in grado di comunicare e di emozionare il lettore.
Direi che la prova è stata superata brillantemente. Brava Silvia, la tua ottima capacità di scrittura mi ha fatto immaginare, ma anche vivere con riflessione, le sensazioni di quei frammenti di vita.

I vari flashback ci portano a viaggiare nel tempo che srotola come un film la vita di una famiglia attraverso i suoi momenti più significativi che, nel bene e nel male, sono tutti legati tra loro, pur nello spazio di due nazioni, di continenti diversi, la Colombia e l’Italia.

Storie di vita di Pietro, Maria e dei loro figli, che improvvisamente si appartengono, si agitano e si animano di attese, di speranze, di silenzi che urlano, di gioie, di preoccupazioni, di grandi dolori e delusioni, di sogni. Identità. Legami di cuori. Radici. Relazioni. Fragilità.

Questo libro è sicuramente da leggere perché ci aiuta a meglio comprendere le nostre mancanze e ad apprezzare il valore racchiuso nella storia di ogni persona, che per me è sempre una storia sacra.

Giuliano Maffei

“Con le mani in tasca”, intervista a Silvia Clemente

Ci sono storie che quando ti incontrano, fai come Silvia, cerchi in ogni modo di raccontarle. E lo fai non solo con le parole, ma con la vita, ripercorri i luoghi dove la storia si svolge, ne annusi gli odori e i colori, ne vivi i sentimenti. La scrittura è solo l’atto finale, un cesello di parole che scegli con accuratezza affinché narrino quello che la storia ha da dirci. 

“Con le mani in tasca” è l’esordio letterario di Silvia Clemente, un passato di cantante jazz e nel presente, infermiera professionale nella UO Urgenze Psichiatriche della Fondazione Stella Maris. Il libro, acquistabile anche allo store online Mondadori, Feltrinelli, Youcanprint, per citare i più noti, come ci spiega l’autrice “ è l’incontro con una storia che andava assolutamente raccontata. Una storia di rara intensità che desideravo potesse fluire di mano in mano e raggiungesse più persone possibili restituendo così vita ai personaggi della storia”.             

Quella che lei ha scritto è una storia vera? 

Si, è ispirata alla storia di una cara amica che piano piano nel tempo ha condiviso timidamente con me alcuni stralci dell’incredibile storia della sua famiglia. Tutto è partito dal mio desiderio di lenire il suo dolore attraverso la narrazione dei suoi ricordi che nel tempo mi ha confidato. La storia poi è diventata mia, ascoltando altre voci che mi mostravano altre luci , altri sentimenti e ripercorrendo inoltre le strade  delle tre città  del libro Bogotà , Napoli e Firenze (e non in senso figurato). Infine ho cercato di raccontare il legame intenso dei due fratelli, ma non voglio dire troppo della trama, lasciamo che il libro si racconti da solo”.

Come le è venuta la forza di scrivere un  libro? 

La grande questione che ho cercato di affrontare in questi anni, sia per percorsi personali, sia in relazione al lavoro che svolgo, è cercare di approfondire e comprendere il senso dell’accettazione della sofferenza. Accettare cosa significa? Accettare un grande dolore, un lutto, un gesto incomprensibile come può essere accettato appunto. Nel libro la protagonista percorre un tragitto coraggioso di accettazione e trasformazione. Sostituisce la sua rabbia , la sua avversione verso il dolore con la compassione e l’amore verso se stessa e verso gli avvenimenti”.

Ha fatto leggere il suo libro alla sua amica? 

“Certo! E’ stata la prima. Per lei alcuni capitoli sono stati molto dolorosi ma infine un mese fa circa mi ha chiamato e mi ha ringraziato perché era riuscito a rileggerlo con spensieratezza e mi ha confessato quanto invece tra le righe avesse trovato leggerezza e poesia, non c’era più posto per il dolore. Avevo realizzato il mio intento! E mi sono divertita un sacco a scriverlo”.

Perché ne consiglia la lettura?

Perché la storia merita di essere conosciuta, lascia un buon sapore in bocca . Coloro che l’hanno letto mi hanno tempestato di domande, volevano conoscere più dettagli, magari succede sempre agli scrittori di ricevere così tante domande, per me è stata una conferma che ero riuscita a riportare in vita una storia passata”. 

Il suo obiettivo? 

“Desidero che più persone possibili possano leggerlo, conoscerne i protagonisti e appunto entrare nella storia. Vorrei che questo libro, attraverso il passa parola, diventasse  di tutti ”.

Perché le storie, quelle belle e uniche, hanno il raro potere della “guarigione”. 

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