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Raccontarsi al tempo del COVID-19: l’esperienza dei genitori e degli operatori dell’IRC

Ospitiamo l’esperienza che l’IRC, Istituto di Riabilitazione di Calambrone, dell’IRCCS Fondazione Stella Maris ha fatto nel corso dell’emergenza Covid-19. L’iniziativa, realizzata nei primi mesi dell’anno corso, di un percorso  formazione  in storytelling e medicina narrativa rivolto a operatori e genitori con figli con varie forme di disabilità, si è rivelata utile, soprattutto per le mamme e i papà che hanno poi dovuto affrontare il lockdown. Dallo studio svolto all’IRC emerge infatti come i genitori formati hanno avuto  “meno difficoltà nello stare con i propri figli, pur affermando che stare chiusi in casa in queste settimane non è stato facile”. Di seguito l’esperienza a firma della dr.ssa Stefania Bargagna, Responsabile dell’IRC e delle dr.sse Silvia Carpi e Aurora Piaggesi.

Nel corso dei mesi di gennaio e febbraio 2020 un gruppo di operatori del reparto IRC dell’IRCCS Fondazione Stella Maris e di genitori dei loro pazienti con varie forme di disabilità dell’età evolutiva hanno effettuato un percorso di formazione in Storytelling e Medicina Narrativa.

Venti genitori e 8 operatrici avevano seguito volontariamente una formazione in Storytelling presso l’IRC. I partecipanti alla formazione adeguatamente informati e consenzienti avevano preso parte a 16 ore di workshop, strutturato in due diverse giornate, affrontando mediante teoria e prassi i criteri di una buona comunicazione, la teoria e la pratica della Medicina Narrativa, i principi dello  Storytelling.

Colti dalla pandemia da Covid-19 molti genitori di figli con disabilità si sono trovati impossibilitati a frequentare l’Istituto di riabilitazione. Questa situazione di rottura improvvisa della routine delle famiglie ha amplificato un sentimento di solitudine. Le scuole sono state chiuse e per certi bambini è impossibile seguire lezioni a distanza. I centri ricreativi sono stati chiusi interrompendo momenti di scambio sociale per i bambini.  Gli operatori sono stati obbligati a interrompere  il loro lavoro  diretto con bambini e genitori, anche loro costretti in casa .

In tale contesto, ci siamo chiesti se la formazione ricevuta nei mesi precedenti sarebbe potuta servire a migliorare la qualità della vita di queste persone, sia sul versante delle famiglie che degli operatori.

Attraverso l’analisi quantitativa delle risposte ottenute attraverso un questionario online, e dell’analisi qualitativa di alcune dichiarazioni scritte e di pagine di diario inviate, si è cercato di valutare se la formazione narrativa, le risorse ricevute e gli esercizi assegnati ai partecipanti aderenti alla formazione potessero essere di supporto ai genitori e agli operatori nell’affrontare emotivamente questo periodo stressante.

Mediante i questionari si è potuto osservare come dove i genitori sono formati nello Storytelling e sono seguiti da personale altrettanto formato, il senso di solitudine è minore. I genitori non si sono sentiti lasciati soli ed hanno sentito percepito maggiormente l’importanza del trattamento offerto al loro bambino. Emerge, dai questionari, che i genitori formati hanno avuto anche meno difficoltà nello stare con i propri figli, pur affermando che stare chiusi in casa in queste settimane non è stato facile.

La narrazione, l’avere regole comuni su come attuare una buona comunicazione e sviluppare un ascolto attivo permette di avvicinare i genitori agli operatori e viceversa. Una buona alleanza permette di trovare tempo per parlare di tutte le situazioni complesse che i genitori, si trovano a vivere con i loro figli e ancora di più in questa situazione di emergenza.

Ascoltare è senza dubbio il primo passo per entrare in comunicazione e creare una relazione di fiducia. La Medicina Narrativa pone l’attenzione proprio su tale competenza, poiché «per comprendere la sofferenza ed essere clinicamente d’aiuto, si deve entrare nel mondo del paziente, guardandolo e interpretarlo attraverso i suoi occhi, anche solo con l’immaginazione. Per arrivare a diagnosi accurate, c’è bisogno di immergersi nella storia naturale dei disturbi, indagando minuziosamente i cambiamenti corporei sul lungo periodo.»

La competenza narrativa, nel professionista, è quindi la capacità di cogliere e accogliere la storia del paziente, non è solo ascolto ma è una prima presa in cura del soggetto. Ascoltando si crea comunità e si mette le basi per una prima relazione di cura.

La medicina narrativa si occupa di onorare il paziente, onorare la sua storia di persona e non soltanto come malato, si occupa di onorare anche la famiglia. Le madri, spesso in ombra, vengono finalmente viste. Diventano partecipi in maniera attiva del percorso di cura del proprio figlio e iniziano a trovare spazio per narrare anche i propri stati d’animo.

Bibliografia: Charon, R., Medicina narrativa, Cortina, Roma, 2019, p.23.

Nell’immagine la lavagna con le parole emerse nel corso

 

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